EDITH STEIN - PROFILO D'UN ITINERARIO VOCAZIONALE DI CROCE
SANTA
TERESA BENEDETTA DELLA CROCE (EDITH STEIN)
PROFILO D'UN
ITINERARIO VOCAZIONALE DI CROCE
"EDITH STEIN: ebrea, filosofa, monaca e
martire" (Giovanni Paolo II). E tutta la sintesi della vita di TERESA
BENEDETTA DELLA CROCE, ma ancor più l'intero compendio prospettico della sua
originale risposta vocazionale.
NELLA VITA LA CHIAMATA DI DIO
Nata a Breslau il 12 ottobre 1891 da genitori ebrei
tedeschi, studiosa e ricercatrice attenta della verità nelle Università di
Germania, convertita alla fede cattolica e battezzata il 1 gennaio 1922,
entrata al Carmelo di Colonia il 14 ottobre 1933, deportata ed eliminata nel
campo di sterminio di Auschwitz il 9 agosto 1942, viene canonizzata come
martire da Giovanni Paolo II, Domenica 11 ottobre 1998. Sono gli elementi
estremi, le date-chiave di una esistenza...
All'evidenza immediata appaiono come “alcuni”
giorni, eventi "temporali", cadenze di momenti e dati di un cammino
umano non unico, né esclusivo. A ben vedere sono le coordinate di fondo di un
itinerario interiore secondo una peculiare tensione vocazionale: "stare
davanti al volto del Dio vivente, consumarsi per Lui... Partecipare alla
passione del Signore... per il popolo". Soltanto la passione di Cristo può
salvare il mondo: "esserne partecipi, questa è la mia aspirazione".
L'aspirazione è divenuta realtà nella storia di una
vita che si apre con il nome di Edith Stein e si chiude con quello nuovo
Carmelitano di Suor Teresa Benedetta della Croce non nella solitudine di una
cella monastica, ma nel chiuso di una camera a gas. Impensabile? Non per Dio!
La vocazione si compie per ciascuno in una storia
singolare ed esclusiva, l'unica che realizza ed autentica la vita tutta di una
persona, perché risponde alla chiamata, al "piano di Dio", nonostante
o proprio attraverso i momenti temporali e gli eventi esterni dell'esistenza,
della storia umana. La domanda è "Che significa essere chiamati?".
Risposta: "E' necessario che vi sia una chiamata da qualcuno, rivolta a
qualcuno, per qualche cosa ed in modo percepibile. Nella natura di un uomo è
già prevista la sua chiamata la sua vocazione... La strada della vita fa poi
maturare la vocazione di ciascuno e la fa comprendere chiaramente agli altri.
La natura di un essere umano, però, e lo svolgersi della sua vita non sono
semplice gioco del caso, ma - considerati con gli occhi della fede - sono opera
di Dio. Chi chiama dunque, in fondo è Dio stesso ".
COME SORGE UNA CHIAMATA
Le strade del Signore Dio sono effettivamente...
infinite! Egli chiama a sé quelli che vuole e quando vuole, salendo su ogni
nostro monte di terra e passando lungo tutte le sponde dell'esistenza nostra
umana. Un principio rimane comunque fermo e indiscusso nella fenomenologia
vocazionale di Dio: la chiamata avviene e la scelta cade là dove e quando
l'aspettativa umana non ha supporto, né presupposto alcuno.
Ultima di dodici figli, Edith Stein nasce e cresce
in una famiglia dove, nonostante la figura energica e l'educazione pia della
madre, la religiosità non brillava certo come quella dei padri dell'antico
popolo eletto di Dio. L'ultima della nidiata, in particolare, si sviluppa e
matura allo "stato brado" dell'indifferenza religiosa e praticamente
già atea negli anni primi di una giovinezza, dedita agli studi, ai traguardi e
ai miraggi dell'età e della cultura.
La "signorina dottoressa" accarezzava
l'eterno sogno o miraggio universale: "di felicità e di uno splendido
avvenire, convinta di essere destinata a qualcosa di grandi molto al di là
delle strettezze borghesi della mia famiglia, nella quale certamente non è il
mio posto". Certamente era destinata nella sua vita a percorsi
immensamente distanti dalle strettezze borghesi e dagli orizzonti limitati di
una famiglia di commercianti ebrei. Ma la ricerca e le sue prospettive avranno
indirizzi e contenuti di vita di ben diversa scuola da quella pur nobile e
ricca di un'etica ebraica o semplicemente filosofica.
Del suo trascorso "umano" potrà anche
testimoniare - e giustamente – “Il sano umanesimo conosciuto nella famiglia
ebrea” e la consapevolezza forte che "noi, cresciuti nel giudaismo,
abbiamo il dovere di rendere testimonianza" di tanti valori etici. Quando
però la chiamata, la scelta di Dio irrompe nella sua vita non c'è più posto per
altri indirizzi ed interessi: ha sentito ed accettato la verità. E il momento
di questo impatto, così improvviso e sconvolgente, è tanto singolare da
lasciare nella stessa protagonista la convinzione di aver ricevuto
un'illuminazione interiore sulla Verità, Dio-Amore. È noto e unanimemente
risaputo il racconto di Edith Stein di quella notte dell'estate 1921 quando
trovandosi ospite presso un'amica di famiglia e di studi a Bergzabern:
"Presi casualmente un libro in biblioteca. Portava il titolo: Vita di
Santa Teresa narrata da lei stessa. Cominciai a leggere e non potei più
lasciarlo finché ebbi finito. Quando lo rinchiusi, mi dissi: questa è la
verità".
La considerazione sulla "Ferità, che è
Dio", nel libro della "Vita" di Santa Teresa d'Avila si trova al
capitolo 40, l'ultimo dello scritto.
Edith aveva proseguito la lettura sino all'ultimo e
proprio qui, al termine di una lettura protrattasi per tutta la notte, si
concretizza il momento e il movente della chiamata: la verità! Una casualità la
lettura di quel libro? Una fortuita, felice conclusione di tema da sempre
trattato e ricercato?
Chi ha ricercato la verità con insistenza e dopo
negazioni e rifiuti, dubbi ed incertezze finalmente sente ed accetta nella vita
la chiamata, vive e riafferma una più alta consapevolezza ed interpretazione:
"La natura di un essere umano e lo svolgersi della sua vita non sono
semplici giochi del caso, ma - considerati con gli occhi della fede - sono
opera di Dio. Chi chiama, dunque, è Dio stesso".
"Dio conduce ciascuno per una via particolare;
l'uno arriva più facilmente e più presto alla meta di un altro. In paragone a
quanto ci viene dato, ciò che possiamo fare è sempre poco. Ma quel poco
dobbiamo farlo... affinché quando sarà indicata la via, sappiamo assecondare
la grazia senza resistere".
E di fatto per lei, che nella chiamata alla fede
cattolica aveva posto improvvisamente fine ad una lunga ricerca della verità,
Dio riservava un'ulteriore indicazione di via: "La Provvidenza mi aveva
già indicato un'altra via;... mi si affacciò il pensiero se non fosse ormai
arrivato il momento di entrare al Carmelo "...
IL CAMMINO DELLA CHIAMATA RELIGIOSA
Era già oltre la quarantina la donna che nell'estate
del 1933 si presentava alle grate del Carmelo di Colonia, latrice di una ben
precisa ed inusitata lettera raccomandatizia: "La Signorina dottoressa
Edith Stein è un'anima privilegiata, ricca di amore di Dio e del prossimo... Ha
fatto molto con la parola e la penna... Eppure desidera rinunciare all'attività
esterna per incontrare al Carmelo, seguendo l'esempio di santa Teresa d'Avila,
la "perla preziosa", che è Gesù Cristo".
Ancora una folgorazione improvvisa, un cambiamento
inaspettato e fortuito? No! L'incontro con Cristo, la chiamata alla sequela di
Cristo in una vita religiosa è l'attuazione di un desiderio e di una indicazione
di vita che affondano le radici di un cammino interiore di anni lontani e
passi tormentati.
La confèssione-relazione di Edith Stein in merito ai
momenti e ai moventi della sua esperienza di cammino vocazionale religioso al
Carmelo è quanto mai precisa e circostanziata, tanto da apparire un autentico
"reportage" di viaggio o "un diario dell'anima".
"Da quasi dodici anni il Carmelo era la mia
aspirazione, da quando cioè, nell'estate del 1921, la vita della nostra Santa
Madre Teresa, capitatami per caso tra le mani aveva posto improvvisamente fine
alla mia lunga ricerca della verità;... ricevendo il Battesimo nel capodanno
del 1922, non dubitavo che esso fosse una preparazione al ratio ingresso
nell'Ordine...
Dovetti aspettare con pazienza,... ma l'attesa mi
riuscì assai dura, soprattutto verso la fine: ero diventata straniera al
mondo...
Avevo chiesto con supplice istanza il permesso di
entrare nell'Ordine, ricevendo però ancora un rifiuto, di cui mi veniva
indicato il motivo sia nel dovere morale verso mia madre sia nell'attività che
da anni svolgevo nell'ambiente cattolico. Mi ero sottomessa. Ma ormai tutti gli
ostacoli crollavano".
"Mi accompagnarono alla porta della clausura e
questa finalmente si aprì. In profonda pace varcai la soglia della casa del
Signore".
Era il 14 ottobre, ai primi Vespri della fèsta della
Santa Madre Teresa. Ormai era diventato realtà quello che aveva osato appena
sperare... Una gioia grande? Non era certo una gioia esuberante che poteva
impossessarsi di lei... "ciò che avevo passato era troppo triste! Ma
l'anima si trovava in una pace perfetta: nel porto della volontà di Dio".
Viene spontaneo un duplice interrogativo: come
scoprire la volontà di Dio in un approdo così ritardato al porto del Carmelo,
desiderato e ricercato con tanta insistenza ed intensità? Ed ancora più problematicamente:
perché una chiamata a un cammino "di vita religiosa" e per di più
"chiusa" come quella claustrale del Carmelo, per una donna ormai
affermata per doni di grazia e di natura, che già "ha fatto molto" -
e ancor più poteva tare - "con la parola e la penna" nell'attività
esterna?
Ritorna alla mente la parola profetica della
Scrittura nella sua intramontabile constatazione di verità: I miei pensieri non
sono come i vostri pensieri né le vostre vie come le mie vie! C'è un abisso
incolmabile tra il pensiero programmatico del Signore e quello degli uomini!
“Il posto di ciascuno di noi dipende unicamente
dalla nostra vocazione. La vocazione - puntualizza con sensibilità ormai teologica
- non la si trova semplicemente dopo aver riflettuto ed esaminato le diverse
strade: è una risposta che si ottiene con la preghiera”. La vocazione, specie
quando è chiamata alla vita contemplativa, deve maturare attraverso un'esperienza
di preghiera, che porti a un personale e vissuto contatto con il Signore in cui
emerge e si impone il richiamo al compito di ciascuno nella sua sequela di
Cristo.
Edith non ha mai avuto dubbio alcuno circa la
propria vocazione. Come ella stessa ricorda, in un intimo colloquio con il
Signore Crocifisso aveva sentito l'interiore certezza del suo compito di
immolazione "per il popolo" e "per la pace". Di fronte a
tale consapevolezza e responsabilità di missione di vita, non hanno più ragione
d'essere le proprie capacità e potenzialità di operatività umana: "Non è
l'attività umana che ci può salvare, ma soltanto la passione di Cristo:
partecipare ad essa è la mia aspirazione".
La preghiera aveva sostenuto Edith per oltre un
decennio nel suo desiderio e cammino di vita verso il Carmelo. Ora la VITA
oltre la porta del Carmelo è il posto per lei di una esistenza interamente
rispondente a quella "chiamata a patire" che fonda la vita di
sequela di Cristo, l'indirizzo primo di ogni ordine religioso e in specie
quello del Carmelo. Puntualizza la tenace ricercatrice della verità e
l'aspirante indefessa dell'incontro con Cristo, perla preziosa, al Carmelo:
“Esiste una chiamata a patire con Cristo e a collaborare così con lui alla sua
opera di redenzione... Cristo continua a vivere nelle sue membra e soffre in
loro; e la sofferenza, portata in unione con il Signore, è la sua sofferenza,
innestata nella redenzione. Questo è il principio su cui si fonda la vita di
tutti gli Ordini religiosi e in primo luogo del Carmelo... ".
Per questo Edith ha ricercato e scelto il Carmelo.
Per questo entra per seguire Cristo nel Carmelo: "il mio scopo è di
partecipare alla passione del Signore". L'aspirazione di "essere
partecipi della passione di Cristo", che sola salva l'uomo, diventa ormai
realtà della sua vita carmelitana vissuta: un'esperienza che si consuma
totalmente nel mistero della Croce sino alla morte.
DOVE TERMINA LA SALITA DEL CARMELO
Il 14 ottobre 1933 Edith Stein varca "in
profonda pace la soglia della casa del Signore". Si chiude la porta della
clausura del Carmelo di Colonia, ma non finisce certo il cammino di risposta
alla chiamata.
La parola di Dio che chiama è spada che penetra
sino in fondo; il Signore Dio è un fuoco divorante. E poi... ormai è Carmelo!
E il Carmelo assegna "un nome nuovo", ma ancor più un indirizzo
tutto particolare ai passi della ricerca della verità e della perla preziosa,
che è il Signore Gesù Cristo: Suor Teresa Benedetta della Croce! "Omen
nomen", sentenziavano gli antichi! Ma la religiosa carmelitana non ha
bisogno di rivolgersi alle sentenze antiche per decifrare indirizzi e finalità
dei propri passi di vita: "Anche qui siamo in via, poiché il Carmelo è
un'alta montagna e bisogna salirla sino alla cima. Ma è una grazia troppo
grande l'essere in cammino... Aiutami a diventare degna della grazia di vivere
nel santuario più intimo della chiesa; aiutami ad offrirmi per coloro che
debbono lottare all'esterno".
Una strada in costante forte salita, quella del
Carmelo. Quanti l'imboccano hanno una finalità vocazionale e una direttiva
programmatica che tendono sempre all'alto, con tutto quell'insieme di equipaggiamento
e di esigenze che una vetta di alta montagna sempre comporta.
“Stare dinanzi al volto del Dio vivente, ecco la
nostra vocazione, scriveva in uno studio del 1935 su "Spirito e vita del
Carmelo"; ...Vivere alla presenza del Signore Dio, consumarsi per lui;
fare penitenza e ripagare i peccati dell'umanità, per la glorificazione del
Signore". È una coerente diagnosi storica della strada del Carmelo sulle
orme del Profeta Elia, ma anche e forse più una consapevolezza profetica del
cammino che le si para davanti. Ancora non conosceva come avrebbe glorificato
il Signore Dio, ancora non sapeva come e quando sarebbe avvenuta la sua consumazione;...
già, però, aveva imboccato e abbracciato il cammino che sentiva, l'avrebbe
condotta al termine della salita sua: la croce di Cristo per l'umanità,
"per il popolo"!
La convinzione che il Signore le avrebbe riservato
qualcosa di particolare al Carmelo, -ma anche la consapevolezza profonda di una
comunione di destino con il "suo popolo", l'umanità proprio nella e
per la strada del Carmelo ha accompagnato ed illuminato tutto "il
salire" arduo di Edith Stein nell'ultima tappa del suo cammino. Il segreto
o il nascondimento della clausura di un Carmelo può apparire un rifugio chiuso
per chi sta all'esterno!... Per chi ne ha fatto il perché del proprio vivere ed
operare, come la carmelitana, è apertura suprema, donazione per gli altri sino
alla consumazione della vita.
"Verranno sicuramente a cercarmi fin qui... verranno
di certo a portarmi via di qua - spiega ad un collega in parlatorio,
inquadrando il futuro già gravido di nubi minacciose;... - ad ogni modo io non
debbo contare di essere lasciata in pace... Io non conto di essere
risparmiata".
Non si sbagliava. Non ha, però, deflettuto dalla
propria strada! Essere "la sposa dell'Agnello", "partecipare
alla passione di Cristo per il popolo, la salvezza dell'umanità... le necessità
della Chiesa" fino all'olocausto è stato il ritmo che ha scandito
incessantemente il suo incedere di vita ed operatività oltre la soglia del
Carmelo!
Già nel 1939, quando ormai sovrastava minaccioso il
flagello dell'odio antiumano e della tragedia antisemita, rinnova la sua
offerta totalitaria: "essere vittima di espiazione per la vera pace".
Un'offerta che va, via via, arricchendosi di disponibilità e di accettazione
alla maniera del sacrificio di espiazione del Salvatore Gesù Cristo, se nel suo
testamento potrà scrivere: “Fin da ora accetto con gioia e in completa sottomissione
alla sua santissima volontà, la morte che Dio mi ha destinato. Prego il Signore
perché possa accettare il mio dolore e la mia morte a suo onore e gloria, per
tutte le necessità della chiesa”.
Quando il pomeriggio del 2 agosto 1942 la
"volontà di Dio" verrà a bussare alle porte del monastero carmelitano
e preleverà Suor Tersa Benedetta della Croce, avviandola con la sorella Rosa
al campo di sterminio per il sacrificio della domenica 9 agosto, ella non avrà
che da sottoscrivere il suo "sì" e il perché del suo "sì"
alla chiamata con un ultimo gesto e richiamo: prende la sorella per mano e dice
soltanto: "Vieni; andiamo per il nostro popolo".
È la conclusione "obbligatoria" di un
cammino vocazionale vissuto secondo la logica o, per meglio dire, secondo la
"scienza della croce".
UN CAMMINO DI CROCE... PER TUTTI
"Sono convinta che Dio non chiama nessuno unicamente
per se stesso e inoltre quando gradisce l'offerta di un'anima è prodigio di
dimostrazioni d'amore". Ella che è morta nel campo di sterminio come Edith
Stein e nel tempo stesso come Teresa Benedetta della Croce a gloria di Dio e
per il popolo tutto si pone a testimonianza inconfutabile della fecondità di
amore di un cammino che, pur nella diversità di espressione, a tutti s'impone
proprio quale vocazione e attuazione di vita nella donazione, nell'offerta di
Croce per tutti.
"Essere tutti di Dio, donarsi a Lui; al suo
servizio, per amore, è questa la vocazione non solo di alcuni eletti; ma di
ogni cristiano, o consacrato o non consacrato, o uomo o donna... Ognuno è
chiamato alla sequela di Cristo. E più ciascuno avanza su questa via, più diventerà
simile a Cristo... ".
“La sequela di Cristo porta a sviluppare in pieno
l'originaria vocazione umana.- essere vera immagine di Dio; immagine del
Signore del creato, conservando, proteggendo ed incrementando ogni creatura
che si trova nel proprio ambito; immagine del Padre, generando ed educando -
per paternità e maternità spirituale - i figli per il regno di Dio".
Questo cammino è stato percorso sino al termine
nella vita e con la vita da Suor Teresa Benedetta della Croce, ricercatrice
della verità e ancor più di Cristo al Carmelo. Che sosteneva nel suo libro
"Scientia Crucis", opera rimasta incompiuta sul suo scrittoio
carmelitano? “Il dono totale di tutto il proprio essere e di tutta la propria
vita è la volontà di vivere e di operare con Cristo, che vuol dire anche
soffrire e morire con Lui di quella terribile morte dalla quale scaturisce la
vita di grazie per l'umanità.
Così la vita di sposa di Dio si trasforma in maternità
spirituale e soprannaturale per tutta l'umanità redenta; e non importa se è lei
stessa che opera direttamente per la salvezza delle anime o se è soltanto il
suo sacrificio che dà fruiti di grazia di cui né lei stessa né forse nessun
essere umano è consapevole".
“Una scienza della croce - troviamo ancora scritto - si
conosce soltanto vivendola”. Possiamo affermarlo senza timore di abbagli o di
errate interpretazioni: Edith Stein ebrea, fìlosofa, carmelitana e martire ha
avuto una piena conoscenza della scienza della Croce!
Padre Marco Fumagalli
Monza, Pentecoste 1998
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